Non solo Asolo Prosecco DOCG ma tanto altro nell’azienda Cirotto
Una giornata incantevole
A volte la vita è strana, ti si propongo occasioni che, senza capirlo, sei tu che ti crei, poiché hai una curiosità innata. Ed è il caso della visita in cantina che ti accingi a raccontare. Nata andando a bussare alle porte dello stand di Cirotto durante il Vinitaly, proprio durante l’ultimo giorno di fiera, quando l’affluenza è solitamente rallentata. E nonostante tu stessa fossi rallentata dalle fatiche di queste giornate, come tutte le persone sotto a quei padiglioni, quello che hai trovato da subito è stata molta disponibilità. Caratteristica che ha contraddistinto a pieno tutta la giornata trascorsa con Francesco Siben, enologo e cuore pulsante della Cantina Cirotto, Cantina in Asolo dal 1949.
La visita capita dopo un brutto periodo, le gelate di fine aprile di quest’anno hanno giocato un brutto scherzo a più di qualcuno, hanno visto impegnate direttamente in vigna un sacco di forze, portandole via a quella che poteva essere la parte commerciale o di accoglienza dell’azienda. La data del nostro incontro, infatti, è stata rinviata proprio perché Francesco e famiglia, tra cui Gilberto responsabile di parte dei vigneti, sono stati impiegati nella conta dei danni dovuti al gelo improvviso.
Se vi è capitato di farci caso, nel mese di maggio, in alcune zone della pedemontana e delle colline venete, come credo di altri territori del nord Italia, sembrava quasi di essere in autunno, con le viti con le foglie secche attaccate e qualcosa che spuntava di color verde acceso, foglie appena nate, ma ben poca cosa…ecco, questi sono gli effetti delle gelate inarrestabili di primavera. Addio produzione per l’annata in corso e si spera che quella successiva arrivi, perché non è detto.
E la conversazione con Francesco parte proprio da qui: memoria storica narra che l’ultima gelata nei vigneti siti tra il Grappa ed Asolo sia stata nel ’56, per la festa di San Gottardo. Quindi quanto accaduto nella zona è stato veramente qualcosa di molto eccezionale, che, però, non ha influito troppo per l’azienda Cirotto, poiché l’esposizione dei loro vigneti ha evitato la catastrofe.
Quello che è accaduto poi, invece, è qualcosa che mi resterà impresso, più dei vini degustati, di cui sono diventata grande sostenitrice e bevitrice! La disponibilità di cui ho fatto cenno sopra si è trasformata in una giornata dedicata alla visita di Sos Sommelier ed io, in quanto essere umano prima di sommelier, sono enormemente grata dell’aver trovato di fronte a me una persona ed una famiglia capaci di dialogare, con le proprie idee, credenze e direzioni ben chiare in testa, ma aperta ad ascoltare, e soprattutto a trasmettere. La giornata si è impressa grazie ad un crescendo di conversazioni, che si sono alternate tra informazioni tecniche, ad incontri con alcuni membri dell’azienda, tra cui Monica Cirotto, incaricata della parte amministrativa, nonché moglie di Francesco.
Come avrete già capito, siamo di fronte ad una piccola-media realtà del nord est italiano vinicolo a conduzione familiare che riesce a produrre un’eccellenza unica. Una realtà che ha creduto e continua a credere nelle radici e nella terra in cui è nata, per l’appunto nella zona di Asolo, conosciuta per due DOCG: Asolo Prosecco e Montello rosso; ma anche una DOC di tutto rispetto: Montello – Colli asolani. E la realtà Cirotto è una realtà che io ammiro molto: diversi vigneti, dislocati in diverse aree della zona, tutti però ad una certa altitudine, 2° e 3° fascia collinare, in cui c’è assiduo lavoro, tant’è che una delle frasi che mi è rimasta impressa è: “quando il mosto arriva in vasca c’è poco lavoro da fare”, la gran parte è stata fatta tutta prima”. Studi del suolo, delle varietà, ricerche, prove, successi ed errori sono le fondamenta su cui poggia la cantina attualmente. Nulla lasciato al caso, tutto ha una motivazione, in cui la famiglia crede fortemente.
Il polso per portare avanti certi progetti e farli arrivare all’eccellenza non deve mai mancare, e lo si intuisce pienamente dalle parole di Francesco e dal tono che usa: sicuro e fiero. Ma non a caso. Importantissimo, secondo la mia visione, è infatti il fatto che la famiglia abbia deciso di mantenere una diversità e complessità in vigna che negli ultimi anni è qualcosa di veramente raro trovare nei pressi di casa. Un merito che deve essere sottolineato.
La cantina Cirotto infatti conta circa 3000 mq di vecchie varietà, considerate una sorta di vivaio privato, da cui si comprende l’attaccamento alle proprie radici e la voglia di portarle nel futuro per trasmetterne l’importanza, ma anche per avere uno storico di quello che era il territorio. Oltre ad avere conservato le viti più anziane di 70 anni, fondamentali per la complessità dei vini, sono anche state potate alcune vecchie viti, per creare dei nuovi innesti con le varietà autoctone di Bianchetta, Perera e Boschera, circa il 10% delle viti totali atte alla produzione dell’Asolo Prosecco DOCG. Perché Francesco ringrazia senza timore di essere un produttore di questa zona, ringrazia il fatto che il Prosecco sia diventato il vino con le bollicine più bevuto al mondo, ma ricorda che per il benessere dell’ambiente serve preservare una diversità naturale e capire che la natura stessa non è una catena di montaggio. Inoltre la storia insegna che come si sale…prima o poi, purtroppo, si scende. Quindi con una mano sul cuore legato alla sua terra ed alla sua salute ed al futuro dell’azienda e della sua famiglia, ha deciso di intraprendere questo tipo di coltura mista, da cui ottiene dei risultati eccellenti. Tra i primi a sostenere la necessità della DOCG anche per il proprio territorio, racconta dei suoi vini con passione, quella che traspare al naso, sempre molto intrigante e fresco, e dalla struttura.
La degustazione, per l’appunto, è stata molto particolare, perché, come ogni enologo che si rispetti, conserva delle vecchie annate dei vini che produce, per capirne l’evoluzione. Così ha fatto con l’Asolo Prosecco, vino che non sempre va bevuto entro l’anno. Anzi. Sos Sommelier sostiene infatti la tesi che il Prosecco delle cantine che sanno trattare il suolo, che sanno coltivare l’uva con rispetto e che vinificano con ordine e pulizia, sia un grande vino nel suo genere, che possa dare piacevolissime emozioni anche con l’affinamento. Ad esempio è il caso dell’Asolo Prosecco Superiore Millesimato Brut, provato nell’annata corrente 2016 e in quella del 2014. Due spumanti unici, per aromi e struttura: il 2014 con un colore la cui intensità non è facile da trovare in un prosecco, dal naso che ricorda frutta matura, ma anche salvia e timo, lungo ed intenso in bocca, speciale! Il 2016 ricorda qualcosa di più fresco, una sorta di passeggiata estiva sotto i tigli, con tutti quegli aromi di fiori bianchi che inebriano olfatto e mente, molto bilanciato, con una buona persistenza ed una bollicina vispa. La domanda sorge spontanea: chissà come sarà tra due anni? La curiosità non mi abbandona mai…così ne ho portato a casa una scorta!
Ma non è finita qui la visita, anzi, continuando nel resto dell’azienda, la parte dedicata alla vinificazione, tra le diverse cisterne tirate a lustro, scopro una cura ed una pulizia maniacali per quello che è il banco di lavoro dell’enologo. La coerenza del prodotto con l’ambiente in cui è prodotto è di facile intuizione, rispetto della natura, rispetto dell’ambiente di lavoro, rispetto di chi consuma i prodotti Cirotto. Resto stupita dal fatto che in azienda non si buttino via neppure le vinacce: vengono restituite al suolo che le ha prodotte, dopo circa un anno di stagionatura, miste a letame.
E quello che porta degli ottimi risultati è soprattutto lo studio che c’è alle spalle fatto sulla varietà autoctono che contraddistingue questa cantina: esami organolettici delle uve, esperimenti, confronti con prodotti simili, ma di origini diverse, e per varietà e per territorio. È nata così una sorta di carta d’identità dei vini che Francesco produce, dal 2007 ha deciso di applicare questo metodo a tutta la sua linea, ma in particolar modo all’Incrocio Manzoni.
Vinificato in diversi modi, alcun definibili stravaganti e unici, l’Incrocio Manzoni è il re di questa cantina, arrivato ad ottenere anche diversi riconoscimenti. Lo assaggiamo inizialmente nella versione più atipica di mosto parzialmente fermentato, chiamata Frenkenstein. Ed una volta degustato, si capisce subito perché la scelta di questo nome: leggero, abboccato, ma con una sapidità particolare…ed il pensiero corre subito ai “risi e bisi” di Borso del Grappa, lì vicino. Poi ci inoltriamo nella versione più classica, ferma e secca, Costa Lunga, dal nome del vigneto dove è coltivato, tra le colline asolane e quelle di Monfumo, visto e toccato con mano grazie ad una gita tra le incredibili meraviglie che Francesco custodisce con estrema serietà e passione. L’annata 2016 regala molte note più vicine al Pinot Bianco e la potenza rispetto alla stessa versione del 2013 è papabile. L’andamento climatico influenza sempre molto la resa di questo vitigno, che regala emozioni uniche anche dopo molti anni. Ed annusando il bicchiere dopo un’ora di chiacchiere, riscopriamo note fruttate nell’annata del 2013, che inizialmente era invece più vicina ai sentori minerali del Riesling.
La degustazione però continua con una delle poche bottiglie rimaste di Sogno 2012: Incrocio Manzoni al 100% vinificato in metodo classico. Posso solo dire che non ha nulla da invidiare ai cugini della Franciacorta o della Champagne-Ardenne. Vivace, corposo, intenso, ricco, cremoso, una gioia per naso e bocca. Vendemmia precoce, solo acciaio nella vinificazione iniziale, per poi passare 32 mesi sui lieviti, viene fatto riposare ancora un anno prima di essere immesso sul mercato. Sboccato nel 2015, poche le bottiglie prodotte e purtroppo per noi già esaurite. Si dovrà attendere Natale per la nuova annata, e non vedo l’ora di poter scrivere la letterina a Babbo Natale in cui fare richiesta di almeno 6 bottiglie, una da bere subito, una per capodanno, il resto da conservare!
Questa la visita presso la cantina Cirotto, capace di interpretare il momento e di investire in studi per garantirsi un futuro roseo. Persone che lavorano duramente sul vigneto, che fanno il proprio vino già in vendemmia, che donano la stessa cura alle piante, ai propri macchinari ed alla famiglia.