Nikolaihof, la cantina dalle spesse mura
Non è facile raccontare in un post l’esperienza presso Nikolaihof in Austria, perché non è una semplice visita, ma un incontro tra storia, solennità, conoscenza, semplicità, umiltà e ottimo vino.
Le due persone che ci hanno accolto come fossimo degli amici di sempre sono la nuova generazione che attualmente è a capo dell’azienda: Anna-Marie Lun e Nikolaus Saahs Jr. Completamente coinvolti in quelle che sono le attività quotidiane, mettono mano e testa tutti i giorni, festivi inclusi, in tutta la filiera, sempre aiutati dalla famiglia di origine, che viglia e supporta.
Quello che più ci ha colpito di quest’esperienza è proprio la semplicità dell’accoglienza e l’umiltà nel raccontare l’azienda, i suoi vini e la sua storia. Nikolaihof è infatti l’azienda vinicola più antica d’Austria ed i suoi vini sono internazionalmente riconosciuti come tra i migliori Riesling austriaci al mondo. La scelta non è stata fatta a caso, infatti: conosciuti a Dusseldorf, ne sono subito rimasta incantata dal modo di parlare dei ragazzi presenti in fiera e dal modo di esprimersi dei loro vini. Mi ero ripromessa di andare a trovarli direttamente sul loro suolo, e mai idea è stata più azzeccata.
La cantina, e definirla tale non le dà merito, in quanto produce non solo vino, ma anche alimenti a base di quelle che sono le coltivazioni tipiche della zona, come albicocche e sambuco, ma addirittura utilizza i derivati della vite nella cosmesi, è una sorta di borgo, sulle rive del Danubio, nella vallata di Wachau, nota per regalare vini strepitosi. Le sue mura hanno resistito per secoli alle inondazioni del fiume, custodendo tutto quanto era all’interno di questo borgo. Già: un borgo, nella cui corte, c’è un po’ nascosta una croce che sta ad indicare che le origini di quel luogo sono addirittura celtiche. L’influenza romana ben nota nell’area, i muretti a secco per la coltivazione della vite sulle colline adiacenti ne sono una ferma testimonianza, lasciò poi posto a quella del clero, che diede il nome attuale all’azienda e al borgo. Regalo per la costruzione dell’abbazia di Kremsmünster, passò quindi sotto il controllo del monastero di San Nicola di Passau, che ne mantenne il controllo fino al 1800.
Ma non è la solennità delle mura, dell’aria che vi si respira accanto e della luce che filtra tramite l’immenso olmo che sovrasta nella corte, è piuttosto la capacità di racchiudere tutto ciò in poche e semplici parole che stupisce. Anna-Marie, infatti, accoglie sempre sorridente tutti i suoi ospiti, mettendoli a proprio agio durante i racconti delle peripezie che questi mattoni hanno visto in 2 millenni di storia, tra tedesco, inglese ed anche italiano. Non stenta a servire ai tavoli e dirige le persone a lei accanto con garbo e grazia.
Nel 1894, quando la famiglia Saahs diventa proprietaria dell’azienda, Nikolaihof portò avanti quella che era la coltivazione delle viti presenti sul suolo di Wachau e che fino ai giorni nostri ha tramandato, con tutti i saperi, arricchendo le conoscenze soprattutto in ambito biologico e biodinamico. Il marchio Demeter è a loro ben consociuto. Anna-Marie racconta infatti che negli anni 60, periodo di esplosione dell’utilizzo di composti chimici (novità per l’epoca) in agricoltura, i Saahs non ebbero denaro sufficiente per poterli introdurre nelle loro campagne. La coltivazione quindi continuò come la tradizione aveva tramandato: seguendo i ritmi fisiologici della vite e dei terreni su cui giace. Niente di meglio se associato poi ad una filosofia antropologica che li ha spinti a non introdurre mai in tutti questi anni alcun pesticida nelle loro coltivazioni, favorendo invece la pratica del sovescio e dei cicli lunari. Anna-Marie infatti quasi parla delle viti come se fossero degli esseri umani, poiché lo stesso rispetto che viene dato all’uomo è necessario darlo anche alla natura. E non stento a crederci, vista l’accoglienza che ci è stata riservata.
Questo, però, è soltanto l’inizio della visita, le parole che ci vengono raccontate all’esterno, nel luogo adibito alla festa, poiché i discorsi più incentrati sul vino si fanno di fronte agli attrezzi del mestiere ed al riparo dalla luce del sole, un po’ come si fa con la vinificazione.
Incredibile è la sala che conserva la pressa usata ancora oggi per creare uno dei vini di punta. Si dice che sia una delle presse più grandi al mondo, la cui trave, a corpo unico di olmo, è mantenuta integra e funzionante, come se fosse segno di rispetto per il passato dell’azienda. Nel 2005, infatti, è stata rimessa in funzione: ogni tino riesce a produrre 3mila bottiglie e non di più, con un ritmo di 5 quintali di uva pressati in 10 ore. Il tempo? Qui è prezioso. Più del denaro. Come in vigna, anche in cantina.
La filosofia di mettere la vigna al centro della produzione, con impianti che respirano, poiché lo spazio tra una pianta e l’altra è quello ottimale per avere la giusta proporzione di frutti ricchi e concentrati in aromi e zuccheri, e quella di lasciar esprimere il vino attraverso lavorazioni antiche e lente garantiscono senza ombra di dubbio dei risultati eccelsi. Ma fanno anche riflettere molto. C’è chi è riuscito a trovare un connubio tra quello che il passato ci ha regalato di saggio e quello che il mondo moderno incalza: la calma e la qualità richiedono tempi che i giorni moderni non riescono ad attendere, ma quando queste doti le si incontrano, è difficile farne a meno e le si ricercano sempre, in tutto.
Così è con i vini di Nikolaihof, che possono impiegare dai 2 agli 8 mesi per fermentare, con l’utilizzo di lieviti indigeni e fermentazioni spontanee, a volte direttamente in botte. L’ossigeno non spaventa, anzi, è quel quid in più che arricchisce il naso una volta che si versa il vino nel bicchiere. Nikolaus e la sua maestria sono le uniche a mettere mano in cantina, tra botti secolari, intagliate e dedicate ai nuovi nascituri della famiglia.
Cerimonie, festività, tutto ruota intorno a questo cortile, ombelico e specchio di questa cantina. Ed è proprio sotto l’immenso olmo che tra tavoli di legno decorati da tavoglie a fiori, sotto una copertina di pile che ripara le ginocchia, ci apprestiamo ad iniziare la degustazione. Il sole è ancora alto, ma sta velocemente scendendo dietro le antiche mura di pietra scura.
Si inizia con quelle che sono le varietà autoctone, rare e difficili da pervenire in Italia. Il più conosciuto e Grüner Veltriner, il sornione Muskateller e la varietà di Wachau, Neuburger, rigorosamente bianchi e Trocken, ossia secchi. Si passa dal Gruner Veltriner non filtrato, dal naso che necessita di aprirsi un po’ e dal lievito ben presente in bocca, alla stessa varietà filtrata che fa emergere una freschezza arricchita da note agrumate. Persisitenti, senza dubbio, come il Weingebirge, nome di vigneto tra i più vecchi d’Europa, la cui lavorazione è antitetica: una tipologia viene lasciata 7 mesi in botte, l’altra 7 anni! Si passa dalla giovinezza fruttata, alla maturità speziata, ma che continua a conservare note agrumate. Il terreno poi regala una certa sapidità ad entrambi, più marcata quando il legno è presente.
I bicchieri si riempiono velocemente, le tipologie si susseguono e non avanza nulla nei calici. Una degustazione, quindi i quantitativi sono quelli corretti per assaggiare e comprendere quello che si sta bevendo, ma visto che di vini da Nikolaihof ne fanno svariati e diversi, c’è il rischio di non arrivare a termine. Anna-Marie, infatti, ci suggerisce di fare una pausa, non subito, ma dopo aver assaggiato i primi Riesling. Perché ci tiene molto a farci vedere tutto quello che fanno. Compreso il ristorante.
Ma prima diamo inizio a questo gran valzer di calici ricchi di vino scintillante, morbido e sontuoso, di certo alla vista.
Il Riesling, infatti, è sempre sornione agli occhi, se di Wachau anche al naso. Ricco di contraddizione, come l’ho già definito in precedenza nel post “Avevo voglia di Riesling…”, morbido, ma sapido, una tagliente carezza che sfiora le narici e avvolge il palato per lasciare una lunga persistenza. Di fronte all’eleganza dei vini proposti, l’olfatto dondola tra note agrumate e floreali, per passare a speziature importanti, poco idrocarburo, qualche accenno nei più evoluti. Perché questa non è la caratteristica principale di Wachau, bensì lo sono le note più pacate e raffinate. Gli anni in botte variano, da 2 a 16, ma la bottiglia anche è molto importante. Il tempo, per l’appunto, è fondamentale. A volte la sosta in vetro regala grandissimi risultati.
Nel pomeriggio ho individuato il mio preferito, non troppo pretenzioso, ma molto equilibrato e presente: 2013 Nikolaihof Vom Stein Smaragd. La sera, però, ritroviamo i blasonati, capendo che il Riesling può essere un vino che non teme la carne, anche se selvaggina. Incontriamo infatti il loro Riesling pluripremiato, 2000 Nikolaihof Vinothek, che mi riporta subito alla montagna, ad un camino e ad un calore della fiamma che pervade anche il petto.
Ed è proprio questo calore che ci accompagna alla porta, nel momento dei saluti con Anna-Marie e Nikolaus. Come quattro amici, due coppie, che si dicono arrivederci, a presto, e non mancheremo di farsi sentire. Carichi di doni e di emozioni.
Questo è Nikolaihof per me.
Claudia