Barolo
Si potrebbe definire il Barolo come il re dei vini rossi italiani, una delle DOCG più importanti per notorietà e riconoscimenti nel panorama enologico della Penisola, oltre che uno dei vini nobili della nostra storia.
Il comune di Barolo, nella Langa piemontese, ha dato la il nome al vino ed alla denominazione ed è oggi uno degli 11 designati da disciplinare alla sua produzione. Le caratteristiche delle Langhe (“Langues”, ossia le lingue di terra che si susseguono tra i declivi che circondano il fiume Tanaro) hanno decisamente aiutato nel produrre vini di qualità fin dall’antichità, poiché suolo ricco di marna tufacea bianca, alternato a sabbia, che regala agli occhi un paesaggio unico, formato da colline biancheggianti piuttosto rotonde e non troppo elevate. Inoltre la storia di questo vino è affascinante sia per aver coinvolto personaggi storici molto conosciuti, sia per la qualità indiscussa che riscuote a livello internazionale. Uno dei vini piemontesi più conosciuto, ma anche uno tra i vini più pregiati, che continua a ricevere riconoscimenti indiscutibili. Il Barolo è una pietra miliare della storia enologica italiana, di cui si può essere più che fieri, che ha reso celebre il Nebbiolo, vitigno da cui è prodotto.
STORIA
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Il territorio delle Langhe ha un’antica tradizione vitivinicola, da far ricondurre ad oltre 2 millenni fa. Noto è ancora oggi il mito per cui le popolazioni galliche d’Oltralpe, francesi, vollero spingersi alla conquista del Piemonte anche per la bontà dei vini che vi si producevano. Ed i Romani non furono da meno, arrivando a trasportarne a Roma un’elevata quantità di rientro dalle Guerre Galliche.
Altre tracce le ritroviamo in alcuni scritti del Medioevo, in cui è citato come “Nibiol”, ma è con il ‘700 che arriviamo a conoscerne le caratteristiche: vino dolciastro e frizzante, conosciuto già internazionalmente ed apprezzato dall’allora Presidente degli Stati Uniti d’America Thomas Jefferson.
Ma è nel XIX sec che la storia del Barolo ha intrapreso la strada che l’ha fatto arrivare con tanta notorietà ai nostri giorni. È una storia di corte, con i suoi intrighi, in cui nobili e circoli di intellettuali hanno giocato ruoli fondamentali. I Marchesi Falletti, ricca e nobile famiglia presente nella zona da secoli, furono coloro che ne migliorarono le qualità, poiché, grazie allo sposalizio con la francese Juliette Colbert, riuscirono a portare nei propri poderi le conoscenze di produzioni di grandi vini d’Oltralpe. Tant’è che la qualità del Barolo giunse fino alla corte dei Savoia, i quali ne acquisirono terreni e ne influenzarono la successiva vinificazione, Chiamarono infatti nelle loro cantine l’enologo Staglieno, a cui si deve un maggiore controllo di quello che ormai era diventato un vino rosso abboccato. Nel suo testo “Istruzione intorno al modo di fare e conservare i vini in Piemonte” si possono recuperare le allora utilizzate tecniche, tra cui un’embrionale diraspatura, pulizia della cantina, follature, fermentazione in tini chiusi che impedivano il contatto con l’aria e lasciavano sfiatare i gas, chiarifica e solforazione.
Il Barolo diventò quindi il vino dei Savoia, il vino ufficiale dei banchetti, detto anche “vinum regum, rex vinorum” (vino dei re, re dei vini). Ma la storia ha un altro lato della medaglia
L’altra figura che ne influenzò la fama fu Camillo Benso Conte di Cavour: amante della cultura d’Oltralpe, sindaco di Grinzane, decise di affidare la vinificazione all’enologo Louis Oudart, che a differenza del collega italiano, si dedicò alla produzione di un vino secco, dando vita a quello che oggi conosciamo come Barolo. Inoltre il Conte di Cavour influenzò non poco la frammentazione della proprietà dei suoli, concedendoli ai mezzadri ed ai fattori, dando avvio all’odierno panorama della Langa, senza dimenticare che rese il Barolo il vino dell’unione d’Italia, facendolo diventare protagonista di ogni incontro politico dell’epoca.
Con l’arrivo di Giovanni Battista Borlutto il Barolo spiccò il volo verso l’Europa, acquisendo sempre più consensi e notorietà. Tant’è che nei primi del ‘900 inizò ad essere contraffatto e nacque subito la necessità di tutelarlo. Tra le due guerre alcune leggi ne delimitarono le zone di produzione, a fronte di un calo nella qualità. La ripresa si ebbe con Renato Ratti e l’arrivo della DOC nel 1966, divenuta DOCG nel 1980, con successive modifiche fino al 2011.
LEGISLAZIONE
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La Denominazione di origine controllata e garantita Barolo prevede due tipologie di vino:
- BAROLO
- BAROLO RISERVA
- BAROLO CHINATO
alle quali può essere aggiunta una menzione geografica facente riferimento alla “vigna” con relativo toponimo.
I terreni considerati per regolamento sono esclusivamente quelli di tipo collinare, con altitudine non inferiore a 170 m s.l.m.
La resa per ettaro va in funzione della tipologia del vino e dell’età del vigneto utilizzato, partendo da una molto bassa per le viti al terzo anno di età.
La gradazione alcolica cambia anch’essa per tipologia e età viti, attestandosi tra i 12,5% vol e i 13% vol. Per la versione “chinato” si arriva ai 16-17% vol.
L’invecchiamento per il “Barolo” prevede un minimo di 38 mesi, di cui almeno 18 in legno, dal 1 novembre dall’anno della vendemmia ed immissione al consumo dal 1 gennaio del quarto anno successivo vendemmia; per il “Barolo Riserva” invece sono previsti un minimo di 62 mesi, di cui almeno 18 in legno, di invecchiamento dal 1 novembre dall’anno della vendemmia ed immissione al consumo dal 1 gennaio del sesto anno successivo alla vendemmia.
Anche le bottiglie utilizzate devono corrispondere all’albeisa o avere una forma legata alla tradizione della zona.
VINIFICAZIONE
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Dopo la vendemmia che solitamente avviene a fine settembre, si passa ad una diraspapigiatura, in cui gli acini sono separati dai raspi. Per quanto riguarda la fermentazione alcolica, che avviene dopo la pigiatura, alcune cantine decidono di non utilizzare alcun lievito selezionato, poiché questa si innesca da sola, purché la temperatura del mosto non sia eccessivamente bassa. Il controllo della temperatura, come dei rimontaggi e delle follature, sono sedi primaria importanza con il Nebbiolo, poiché consente di evitare sentori acetici nei vini giovani che arrivano da vendemmie ricche di acidi volatili. La fermentazione può durare dai 10 ai 30 giorni, a secondo delle tecniche e dei macchinari impiegati. A questa fa seguito la fermentazione malolattica che può avvenire immediatamente per riscaldamento del mosto, o naturalmente con l’inizio della primavera e l’innalzamento delle temperature.
L’invecchiamento è parte integrante per la creazione di un questo vino rosso piemontese e varia da cantina a cantina. La scelta è solitamente la botte di legno, le cui dimensioni variano in base al progetto che l’enologo vuole realizzare. Solitamente le botti più piccole imprimono più spiccatamente i caratteristici aromi e sentori di legno, quelle più grandi fanno sentir meno la loro presenza. Ciò cambierà anche in base al tipo di legno impiegato, che può variare da rovere di Slavonia, a rovere francese, ma anche quercia.
Quindi segue un buon affinamento in bottiglia.
Per quanto riguarda il “Barolo Chinato”, il procedimento prevede immissione di zucchero ed alcol etilico nel quale sono state messe in infusione spezie, tra cui necessariamente genziana, china, cardamomo e rabarbaro (le ricette come sempre sono segrete e cambiano da cantina a cantina) a temperatura ambiente. Quest’infusione/macerazione estrae ne estrae gli aromi, dando vita ad un vino aromatizzato, che subirà un invecchiamento di circa 1 anno in botte.
CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE
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Come non notare l’eleganza e la nobiltà di questo vino già dal suo colore? Rubino con riflessi granati, brillante nonostante gli anni passati a prepararsi per farsi degustare. Ammaliante nella sua semi trasparenza, non è un vino impenetrabile e cupo. Sembra farti cenno di avvicinarti e prenderne un calice per poi contemplarlo amabilmente tra le mani.
Così è al naso, inteso e coinvolgente, ricco e dalle mille sfaccettature. È decisamente un vino che non ha fretta, né nel farsi bello, né nell’essere scoperto, proprio come una nobildonna. Si intuisce subito la sua portata, perché si è pervasi da una varietà di aromi incredibile, ma dalla frutta matura e fiori appassiti, la rosa tra tutti, si passa piacevolmente a quelle note più complicate di tabacco, balsamiche, eteree e anche speziate, come il cacao e la liquirizia.
Se questo è il preludio, in bocca lascia trasparire tutta la sua maestosità: equilibrio ed armonia fanno capolino tra un tannino rotondo, quasi fosse una cipria impalpabile, ed una freschezza ancora presente. Lungo e potente.
Nella versione “Barolo chinato” si combinano e bilanciano perfettamente questi tannini eleganti, ad una dolcezza mai stucchevole e ad una nota balsamica data gli aromi aggiunti che lo rendono un ottimo fine pasto.
ABBINAMENTI
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Il miglior modo per gustarsi un Barolo è quello di abbinarlo a tempo, calma, un bel caminetto acceso e tanta tranquillità.
Ma vi consiglierei anche tutti gli abbinamenti cibo vino regionali, spaziando dall’ottima carne piemontese, cucinata a mo’ di brasato, piuttosto cacciagione, a cui solitamente vengono aggiunti nei sughi spezie ed aromi. Indimenticabile compagno di formaggi a pasta dura stagionati o di un eccellente piatto di agnolotti farciti di vitello, conditi con una salsa tartufata, visto che siamo vicini ad Alba. Non dimentichiamoci i tagliolini con ragù e tartufo.
Abbinamenti riusciti prevedono comunque sempre una carne importante, come può essere la Fassona, o cacciagione quale cervo e cinghiale, ma anche la selvaggina con fagiani e lepri può trovare un buon alleato: sono infatti carni che sono cucinate con un sugo importante. Il tenore del vino infatti non copre quello della pietanza a cui si accompagna. E’ infatti usato anche come ingrediente nel brasato tipico della zona.
SERVIZIO
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Non c’è mai un momento adatto, perché è sempre il momento per un vino così. Baloon è la parola che conta per i calici, ampi e che affasciano. Rigorosamente tra i 16° e i 18°.